domenica 24 ottobre 2010

LETTERE dalla LOGGIA IX

Cari amici,

come sempre molto ricca di stimoli e impegnativa l’attività consiliare, specie per le sollecitazioni che come Partito Democratico abbiamo posto all’attenzione della Giunta Paroli su numerose questioni.

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Un tema che è al centro del confronto, registrando anche una certa vis polemica, è legato alle prospettive economico-finanziarie dell’operazione metrobus.

Quella della metropolitana è stata, a mio modo di vedere, una scelta coraggiosa, ma certo non priva di rischi, dal momento che la futura gestione dell’opera impone che, per evitare di gravare pesantemente sui conti di Brescia Mobilità (e quindi del Comune), siano impostate alcune mosse strategiche.

La metropolitana infatti dovrà catalizzare nuovi passeggeri rispetto agli attuali, in termini sia di minor traffico privato sia di maggiori spostamenti indotti sia di minori sovrapposizioni con il trasporto pubblico extraurbano.

Per giungere a questi risultati occorrerebbe un chiaro indirizzo sulla politica della mobilità: questo indirizzo, però, non solo in questi ultimi anni è mancato, ma – addirittura – le scelte intraprese sono andate in una direzione esattamente opposta.

Innanzitutto, per la prima volta dal 2004 ad oggi, i passeggeri trasportati dagli autobus hanno arrestato il proprio trend di crescita ed anzi si è assistito a un lieve arretramento (in particolare degli utilizzatori saltuari, cioè quelli che pagano il biglietto e non invece l’abbonamento). La causa di ciò l’ha spiegata lo stesso presidente di Brescia Trasporti nella sua relazione al bilancio consuntivo 2009, affermando che – più che la crisi economica – determinante è stata la scelta di riaprire il centro alle auto (diminuendo le aree e gli orari di ztl), di smantellare alcune corsie Lam (come in via Cremona) e, in generale, di tornare a incentivare il traffico automobilistico privato.

In secondo luogo, non è ancora stata avviata con la Provincia la procedura per concordare le integrazioni necessarie tra trasporto pubblico urbano ed extraurbano: per fare un solo esempio, quando il metrobus sarà in funzione non avrà senso che i pullman provenienti dalla Val Trompia o dalla valle del Garza continuino ad arrivare in Stazione, godendo del sussidio di trasporto pubblico!

In terzo luogo, la politica urbanistica sin qui adottata dalla Giunta Paroli sta continuamente provvedendo ad allontanare funzioni essenziali della Città dall’asse del metrobus: è il caso degli uffici comunali, che da via Marconi e piazzale Repubblica dovrebbero traslocare in via Dalmazia; è il caso dello stesso Stadio di calcio, di cui si ipotizza la realizzazione nelle cave di Buffalora…

A fronte di queste politiche obiettivamente contrarie al successo dell’operazione metrobus, l’assessore al Bilancio, Di Mezza, non ha trovato di meglio che polemizzare con i suoi predecessori, rei di aver steso un piano economico-finanziario della metropolitana, a suo dire, “o da stupidi o in malafede”.

In realtà, il nodo della discordia appare oggi la necessità di conferire a Brescia Mobilità l’ultima tranche di risorse necessarie per completare il finanziamento dell’opera. Tale necessità è nota dal 2004, quando il Consiglio comunale votò un apposito documento in cui si prevedeva che, oltre ai fondi statali regionali, oltre al mutuo contratto con la Cassa Depositi e Prestiti, oltre alle risorse già appostate da Comune e ASM, andassero reperiti ancora 41 milioni di euro.

Questi 41 milioni di euro, che per una serie di scelte della nuova amministrazione comunale (come il salvataggio di OMB) sono saliti a 54, vanno trasferiti a BS Mobilità entro il 2011: di questa impellenza l’assessore al Bilancio pare essersi accorto solo a luglio di quest’anno!

A fronte di questa scarsa attenzione, si è assistito – da un lato – a un goffo - ma abile - tentativo della Lega (che contro la metropolitana promosse due referendum a Brescia) di intestarsi i meriti dell’opera, scaricandone i demeriti sul centro-sinistra; dall’altro, a un imbarazzante atteggiamento dei socialisti della Castelletti - che con l’arch. Fermi hanno ricoperto importanti ruoli di responsabilità sulla questione metrobus - che invece di replicare alle accuse di stupidità e malafede hanno dapprima tenuto un atteggiamento di riserbo, declinando l’invito del PD a una presa di posizione pubblica comune, e poi organizzato un incontro pubblico in cui sono stati invitati il Sindaco e un leghista, ma non un Democratico!

Intanto, la realizzazione dell’opera avanza (salvo alcuni imprevisti, che ho avuto modo di sottolineare con un’interrogazione nei mesi scorsi, per quanto concerne la consegna dei convogli del metrobus) e pare confermata l’entrata in servizio il 1° gennaio 2013.

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Notevole impegno ho dedicato su un tema apparentemente distante dal metrobus, ma in realtà idealmente collegato con esso: si tratta della vicenda dello scalo ferroviario delle merci in via Dalmazia.

Ritengo infatti che, accanto a un ambizioso intervento sulla mobilità sostenibile dei passeggeri quale è la metropolitana, vi debba essere analogo sforzo per la mobilità delle merci, specie in una città come la nostra che si trova al centro di una provincia molto industriosa e produttiva.

A questo proposito, molto opportunamente alcuni anni fa gli enti locali (Comune e Provincia), insieme all’Associazione degli Industriali Bresciani, alla Regione Lombardia e alle Ferrovie dello Stato, avevano sottoscritto un protocollo d’intesa per il rilancio dello scalo ferroviario merci di Brescia, noto come Piccola Velocità.

Si tratta di un’area dalle grandissime potenzialità – quasi 700 mila mq in una zona molto vicina all’anello delle tangenziali e all’autostrada – ma sottoutilizzata e anzi in progressivo declino.

In quel protocollo, confermato nel 2009 con un accordo operativo, si erano delineati alcuni interventi, ripartiti quanto a competenze e risorse tra i diversi enti firmatari, con cui si poteva immaginare un sensibile incremento del trasporto merci su ferro (attraverso la realizzazione di nuove piattaforme, terminal e binari attrezzati) e una migliore accessibilità viabilistica allo scalo, sgravando la via Dalmazia attraverso un innesto diretto della Piccola sulla Tangenziale ovest.

Purtroppo, ad oggi, le cose non solo non sono andate come sperato, ma sono anche peggiorate.

Lo scalo ha avuto un crollo di movimentazione di merci, con treni cancellati e operai cassaintegrati, a causa di un improvvido sequestro giudiziario che la Procura di Brescia ha posto sull’area per circa tre mesi a seguito di un prolungato stazionamento di un convoglio carico di GPL.

Revocato poi il sequestro, la movimentazione di merci è rimasta ferma al palo. Nel frattempo, le Ferrovie hanno inspiegabilmente inviato il preavviso di sfratto ai pochi operatori privati rimasti.

Per sollecitare la giusta attenzione sul tema da parte dell’Amministrazione comunale, dopo due utili sopralluoghi entro lo scalo, ho predisposto un’interrogazione in Consiglio, che è stata discussa a settembre. Purtroppo le risposte non sono state particolarmente incoraggianti: il Comune non sembra particolarmente interessato al rilancio dello scalo merci e non risultano agli atti iniziative di sensibilizzazione e di pungolo nei confronti delle Ferrovie, la cui inerzia è la principale causa delle difficoltà che vive l’area in questione.

Nel frattempo, lo scalo – che appare abbandonato a sé stesso e senza i dovuti controlli – è stato oggetto del più clamoroso dei furti possibili: lunedì scorso si è infatti venuti a sapere che ignoti hanno rimosso numerosi binari posati all’interno della Piccola!

Al riguardo, mi sono subito attivato per la stesura di un’interrogazione parlamentare a firma del sen. Galperti per chiedere la riattivazione del presidio di Polizia Ferroviaria presso lo scalo merci e perché le Ferrovie confermino nei fatti gli impegni presi di rilancio e di investimento.

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Il Museo dell’Industria e del Lavoro, per una realtà come quella bresciana, sarebbe forse una delle opere più autenticamente rappresentative delle nostre radici e del nostro territorio.

In virtù di questa evidente realtà, era stato siglato, ormai diversi anni fa, l’accordo di programma tra Comune di Brescia, Provincia, Regione, Camera di Commercio, Università degli Studi, ASM, Fondazione Micheletti, AIB, Comuni di Cedegolo e di Rodengo Saiano, per la realizzazione del MUSIL.

Oggi quell’accordo è stato messo seriamente in discussione dal Comune di Brescia, il quale – giustificando la propria scelta per motivi di bilancio – non intenderebbe più contribuire alla realizzazione di tale intervento che avrebbe dovuto essere ospitato all’interno del Comparto Milano.

Sul Comparto Milano ci sarebbero da dire tante cose, sia sul merito di ciò che esso ha comportato (e ancora comporterà) sia sul metodo con cui fu predisposto (stralciandolo dal nuovo PRG Secchi e innestandolo sul precedente PRG Benevolo).

Ma se un pregio era da ricercare in quell’operazione, questo era indubbiamente l’intervento museale, per il quale si era previsto di finalizzare una cospicua quota di risorse (12 milioni di euro) derivanti dall’urbanizzazione del comparto per la realizzazione del Museo dell’Industria e del Lavoro, una realtà unica nel suo genere in Italia.

Il progetto Musil, peraltro, non è rimasto sulla carta perché le sue propaggini periferiche – il museo dell’energia idroelettrica a Cedegolo; la città delle macchine a Rodengo Saiano; il museo del ferro a san Bartolomeo – sono state realizzate e attivate sostanzialmente nei tempi, ottenendo discreti risultati in termini di afflussi turistici.

Che cosa allora avrebbe reso ora tutto più difficile per il completamento sostanziale del progetto?

Dopo un lungo silenzio sul punto, qualche risposta ha iniziato a giungere grazie alla richiesta del Partito Democratico in Loggia di dedicare una seduta delle Commissioni urbanistica e cultura per discutere dello stato di avanzamento del progetto Musil.

In quella sede sono state rese note le novità nel frattempo maturate: in particolare l’aumento dei costi progettuali di realizzazione di circa 6 milioni di euro (passati da una previsione di 21 mln € a 27), che – nell’impossibilità di ottenere nuovi finanziamenti – hanno imposto una riduzione dell’intervento, o quantomeno una sua realizzazione per gradi (con il conseguente sacrificio della parte bibliotecaria del Museo), e l’incertezza sul contributo economico che A2A, subentrata ad ASM, è chiamata a fornire.

Tali oggettive difficoltà hanno dato il là al centro-destra in Loggia per un’opera di smarcamento dall’impegno del Musil.

La Lega, dimostrando palese contraddizione con le proprie parole d’ordine di difesa delle radici e delle tradizioni, ha dichiarato di ritenere non prioritario l’impegno sul fronte Musil.

L’assessore Vilardi, ignorando il contenuto della convenzione urbanistica del comparto Milano (che vincola i 12 milioni di euro alla realizzazione del Musil, non permettendo quindi l’alternativa di incamerarli nel bilancio comunale), ha ufficialmente dichiarato che il Comune starebbe ripensando la propria posizione sulla realizzazione del Museo.

Al momento, non vi è nessuna decisione formalizzata al riguardo da parte del Comune, mentre si moltiplicano gli appelli pubblici (da quello dell’ex sindaco Corsini, a quello dell’AIB per bocca del suo presidente Dallera, fino al presidente Fontana della Fondazione Micheletti e Zaltieri della CISL) perché non si comprometta irrimediabilmente il progetto. Se infatti il Comune (che peraltro è il maggiore finanziatore) si dovesse sfilare dall’operazione, si determinerebbe un effetto domino anche su molte altre realtà coinvolte nell’accordo di programma.

L’esempio del Comune di Brescia sul fronte aeroportuale non è però di buon auspicio per la conclusione della vicenda Musil. Non più tardi di sei mesi fa, infatti, la Giunta Paroli ha deciso di cancellare lo stanziamento di 10 milioni di euro che la precedente Giunta Corsini aveva destinato allo sviluppo dell’aeroporto di Montichiari, attraverso la partecipazione alla cordata societaria di Abem.

Certo, sul fallimento dell’iniziativa di Abem ha pesato soprattutto l’assenza della Provincia e la decisione governativa di assegnare (senza procedura ad evidenza pubblica) la concessione aeroportuale ai veronesi della Catullo s.p.a.

Ma appare evidente come, nonostante la sintonia di colore politico che contraddistingue le maggioranze di Loggia, Broletto, Pirellone e Roma, Brescia-comune, in una sorta di autarchico isolamento, si stia bellamente sfilando da tutta una serie di accordi istituzionali di promozione e sviluppo della nostra realtà.

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Recentemente in Consiglio comunale abbiamo affrontato la discussione relativa ai bilanci degli enti e delle società nei quali il Comune detiene una partecipazione di controllo.

Si tratta di una variegata e ricca sequela di fondazioni, società per azioni, consorzi, che assicurano principalmente servizi pubblici alla comunità cittadina.

In realtà, più che di discussione si è trattato di un monologo, dato che nessun (nessuno!) consigliere di maggioranza (tranne l’indipendente Agnellini) ha ritenuto di esprimersi al riguardo. Lo stesso Sindaco, che ha mantenuto per sé la delega alle società partecipate, si è limitato – nella sua relazione iniziale – a una fredda esposizione del testo predispostogli dagli uffici comunali.

Questo atteggiamento di reticenza appare abbastanza paradossale se solo si pensi all’enfasi con la quale, pochi mesi fa, il Consiglio comunale – su forte impulso del centro-destra – ha istituito tre nuovi commissioni consiliari, di cui una specificamente dedicata al tema delle società partecipate. Ma tant’è!

Per parte mia ho preso la parola in apertura di discussione: invio al riguardo il testo dell’intervento, senza ripetere qui le considerazioni espresse in quella sede.

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Il prossimo Consiglio comunale si terrà il 15 novembre.

Cordiali saluti.

fmanzoni@comune.brescia.it
http://federicomanzoni.blogspot.com

c/o piazza Loggia 3 - 25121 Brescia

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