domenica 6 novembre 2011

LETTERE dalla LOGGIA - XII

Cari amici,

la scena politico-amministrativa cittadina di questi mesi è stata sicuramente dominata dal nuovo Piano di Governo del Territorio.

Il cosiddetto PGT, infatti, è stato finalmente adottato il 29 settembre scorso. La legge regionale per il governo del territorio, per la verità, prevedeva come termine il 2009, ma ben tre proroghe hanno spostato la data di anno in anno.
Eppure, nonostante il tempo a disposizione, anche in questa vicenda – come ormai nelle principali questioni urbanistiche del presente mandato – ci si è ridotti a deliberare in fretta e pressoché agli sgoccioli.
Così come avvenuto per il progetto di sede comunale agli ex Magazzini Generali o nel caso del campus universitario alla Randaccio e in ormai troppe altre vicende, anche per il PGT – l’atto obiettivamente più importante della giunta Paroli – si sono affastellati ritardi, forzature, furbizie nell’iter di approvazione.

Come noto, ancora agli inizi del 2009, l’amministrazione comunale aveva affidato l’incarico di sovrintendere alla stesura del PGT al prof. Karrer. Dopo pochi mesi (era il luglio 2009), la Commissione Urbanistica discuteva delle linee guida circa la redazione del PGT. Nel primo semestre 2010, poi, l’Amministrazione organizzava quattro focus tematici, che avrebbero dovuto costituire un momento di partecipazione e che in realtà si sono ridotti a occasione di esposizione di pochi interlocutori (perlopiù già legati istituzionalmente al Comune: Brescia Musei, Brescia Trasporti,
A2A…).
Dopodiché, per più di un anno, un completo silenzio fino alla presentazione – nel luglio scorso – del Documento di Piano (uno dei tre fondamentali atti che costituiscono il PGT).
Da allora è iniziata una maratona, cui hanno fatto seguito (fine agosto) la consegna ai consiglieri del Piano dei Servizi e del Piano delle Regole, poi (13 settembre) le Norme Tecniche di Attuazione, poi (22 settembre) le risultanze della Valutazione Ambientale Strategica. Infine l’adozione (29 settembre).
Tra l’altro, l’accelerazione impressa nei mesi estivi ha sacrificato la consultazione delle parti sociali ed economiche (che per legge avrebbero dovuto essere messe nelle condizioni di esprimere un parere sulla proposta di PGT, nei trenta giorni precedenti la sua adozione) e lo stesso ruolo del Consiglio comunale (come per incanto, nell’ultima commissione utile, si sono materializzati importanti documenti che non erano mai stati illustrati precedentemente: la relazione generale e molte relazioni settoriali, agronomica, geologica, del commercio…).

Accanto alle valutazioni di ordine metodologico (che potrebbero legittimare l’invalidamento dell’adozione), serie critiche si sono appuntate sul contenuto del Piano.

La premessa da cui partire, anche con un’onesta autocritica rispetto al precedente Piano Regolatore Secchi, è quella di una città ormai sostanzialmente satura di costruito, dove già oggi più di cinque mila appartamenti risultano sfitti o invenduti, e più che sufficientemente dotata di aree commerciali, specie per la grande distribuzione.
La stasi del settore edilizio, che si accompagna all’attuale crisi economica, ha peraltro limitato le potenzialità edificatorie previste nel vecchio PRG e che rimangono in parte latenti.
Eppure, nonostante tale premessa, che avrebbe dovuto imporre a un pianificatore accorto e lungimirante una sostanziale rivisitazione dell’impostazione espansiva e del consumo di territorio, il nuovo PGT non solo non mette in discussione le scelte passate (almeno quelle per le quali vi sarebbero gli spazi per una loro modifica), ma addirittura sovraccarica la città di nuove previsioni insediative.
Nonostante la retorica utilizzata dal centro-destra che dichiara di ispirarsi al modello Marcolini, la stragrande maggioranza delle previsioni residenziali del nuovo Piano è a libero mercato e non a edilizia convenzionata.
Nonostante la battaglia contro il Freccia Rossa, emblema di un eccessiva presenza di grande distribuzione e di centri commerciali, il nuovo Piano addirittura prevede la realizzazione di cinque nuovi grandi poli commerciali: a nord, presso l’ex Idra in via Triumplina; a est a sant’Eufemia; a sud-ovest, lungo un asse di poco più che un chilometro, ben tre insediamenti (agli ex Magazzini generali, all’ex Pietra, all’ex Macello comunale).

Basterebbero questi dati per comprendere la complessiva insostenibilità della pianificazione operata.
Ma vi sono ulteriori elementi di riflessione, non certo trascurabili: una grande area agricola tra il villaggio Sereno, Flero e Folzano è destinata a sparire per far spazio a nuove residenze; dall’asse del metrobus viene spostato, delocalizzandolo, un polo attrattore e generatore di traffico come lo Zooprofilattico; le residue aree di possibile espansione dell’Università a nord e della Domus salutis vengono saturate per funzioni diverse; la Ori Martin è destinata a invadere l’ultima fascia di mitigazione che la separa dal quartiere di san Bartolomeo; le pregiate aree verdi della valle di Mompiano e del parco agricolo di san Polo vengono sì salvaguardate, attraverso il meccanismo di acquisizione a patrimonio comunale, ma in cambio di consistenti concessioni volumetriche per i proprietari delle aree, che potranno così edificare in altre zone della città, aggravando altrove un carico urbanistico già oggi pesante.
Ciò peraltro rafforza un principio, assai pericoloso, secondo il quale un’area verde, per essere salvaguardata dalla cementificazione, debba per forza essere incamerata dal Comune e debba essere ricompensata tramite nuovi diritti edificatori (non sempre omogenei!).

Come Partito Democratico ci stiamo impegnando in un tour per tutti i quartieri della città (già toccati il Sereno, Costalunga, Prealpino, Mompiano, San Bartolomeo) al fine di presentare i contenuti del piano, zona per zona, e di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto alle problematiche in campo e alle possibili iniziative da perseguire.
Si tratta di un approccio volto anche a far maturare la presentazione di ‘osservazioni’, su cui il Consiglio comunale dovrà confrontarsi quando, nel tardo inverno, il Piano, una volta ottenuto il parere di conformità da parte della Provincia, tornerà in Consiglio per la definitiva approvazione.

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I rapporti, molteplici e complessi, tra Comune e A2A sono tornati in più occasioni alla ribalta, complici da un lato alcune delicate vicende (Edison, Montenegro, reti) e dall’altro le novità politiche che giungono dall’altro socio di maggioranza – il comune di Milano – ormai a guida centro-sinistra.

Sul tema di Edison, operazione al momento ancora formalmente non conclusa, si sono infatti scontrate due differenti visioni: da un lato quella del Governo e dello stesso presidente Zuccoli, volta a salvaguardare l’italianità della società, dall’altro quella dei comuni azionisti e del presidente Tarantini, interessati a uno spacchettamento della società stessa con la finalità di arricchire infrastrutturalmente A2A.
Questo contrasto di indirizzi ha fatto sì che l’accordo, già ipotizzato a marzo, fosse bloccato e rimesso in discussione. L’esito della trattativa condotta con i partner francesi ha alla fine imboccato la strada caldeggiata dai comuni di Brescia e Milano, con la conseguenza che in prospettiva A2A amplierà il proprio business nel campo idroelettrico, ma sacrificando – di contro – la propria presenza nel settore termoelettrico (in questo senso, le centrali di Gissi e Scandale, frutto degli ultimi investimenti realizzati da ASM, saranno probabilmente cedute).
Il risultato ottenuto è pertanto costellato da luci ed ombre e porta a ritenere che se non vi fosse stato il veto del Governo sulla bozza di marzo la vicenda avrebbe potuto essere conclusa non soltanto più velocemente, ma anche a condizioni diverse (e forse migliori: l’attuale crisi delle borse ha infatti deprezzato il valore della partecipazione in Edison). Dopo la vicenda Alitalia, anche su Edison la pretesa governativa di difendere la cosiddetta italianità ha alla fin fine nuociuto allo stesso interesse nazionale che si voleva tutelare.

Oltre e al di là della vicenda Edison, l’affaire A2A continua a lasciare l’amaro in bocca per la comunità bresciana: dagli utenti del servizio, ai dipendenti, al mondo dell’indotto, fino allo stesso comune azionista.
La stampa nazionale (Il Fatto, l’Espresso) ha in più occasioni recenti evidenziato l’assoluta incertezza e opinabilità dell’investimento – deliberato nel 2009 successivamente alla revoca dei vecchi amministratori – in Montenegro.
Al di là di alcuni profili di ventilate illiceità, il dato che più balza agli occhi è, da un lato, il clamoroso ritardo nella realizzazione dell’elettrodotto sottomarino che avrebbe dovuto collegare le due sponde dell’Adriatico e permettere alla stessa A2A di beneficiare del surplus produttivo realizzato dalle centrali idroelettriche acquistate e, dall’altro, il carico assistenziale (più di tremila dipendenti montenegrini) che è andato a gravare sulla nostra S.p.A.

In parallelo, mentre vengono al pettine tutti i nodi di una politica di investimento assolutamente non oculata e del tutto distante dai territori di riferimento dell’ex municipalizzata, si assiste “in casa” a una progressiva dismissione di partecipazioni e di asset di grande rilevanza economica.
E’ infatti di questi giorni la notizia che A2A starebbe trattando la cessione della rete di fibra ottica della città di Brescia, detenuta da Selene (società creata da ASM), a Metroweb, società a maggioranza privata.
Da subito mi sono attivato predisponendo un’interrogazione, insieme ai colleghi consiglieri del PD, onde approfondire i contorni della trattativa ed esprimere un netto no alla cessione di tale importante asset.
E’ paradossale che una rete pregiata come questa, costruita con lungimiranza negli anni passati, debba essere ceduta senza alcuna plausibile motivazione, costringendo peraltro A2A, che di essa si serve per il telecontrollo e la telerilevazione del servizio elettrico, idrico e gas, a negoziare onerosi canoni di affitto.
Purtroppo la cessione di importanti reti, realizzate o acquistate a suo tempo da ASM, pare essere diventata una costante del duo Zuccoli-Ravanelli che dirige A2A.
Si è infatti cominciato un paio di anni fa, cedendo la rete elettrica ad alta tensione in città, sul Garda e in Valsabbia; si è poi continuato con quella idrica a Bergamo e ora, appunto, parrebbe toccare anche a quella a fibre ottiche. Tutto ciò, nonostante sia ormai chiaro che nei servizi pubblici la proprietà delle reti rappresenta un fattore di pregio, in grado di assicurare una costante redditività e di garantire un più efficace presidio territoriale.

La speranza è che il cambio degli amministratori, in programma per la prossima primavera, possa finalmente contribuire a un rilancio di A2A, della cui politica industriale si è persa traccia ancora da tempo, e del rapporto tra A2A e i territori serviti. A questo proposito, sono in corso da parte nostra contatti con il centro-sinistra milanese, oggi al governo, ed è in fase di stesura una mozione di indirizzo che proporremo a breve in Consiglio comunale.

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Molteplici novità attendono il prossimo bilancio (il preventivo 2012) del Comune.
Da maggio, dopo il pensionamento dello storico ragioniere capo (Falasco), è giunto a Brescia un giovane dirigente (Beltrami), che sta assicurando al Settore una continuità di alto livello.

L’indirizzo espresso dalla Giunta alla Commissione Bilancio, di cui sono componente, in merito alle caratteristiche del futuro bilancio preventivo dà ragione alle posizioni espresse in questi anni dal Gruppo del Partito Democratico.
Non solo viene recuperata una previsione di introiti legati ai dividendi di A2A assai più contenuta, in modo da limitare la dipendenza del Comune nei confronti della sua ex municipalizzata (anche se, con un pizzico di malizia e al tempo stesso di realismo, occorrerebbe dire che molto probabilmente A2A non è in grado di garantire di più!), ma si è calendarizzata l’approvazione del documento di bilancio entro la fine dell’anno.
Non che questo sia, di per sé, un fatto clamoroso: rientra infatti nell’ordinaria buona amministrazione di ogni ente programmare in anticipo le proprie politiche di entrata e di spesa. Ma questa tempistica si era ormai persa, complice il fatto che nel 2009, nel 2010 e nel 2011 il bilancio era stato approvato ad anno iniziato (addirittura a giugno nel 2010), determinando l’istituto dell’esercizio provvisorio (con contestuale blocco della spesa per investimenti e limitazione di quella corrente). La conseguenza di queste ritardate approvazioni la si era poi verificata sul grado di realizzazione degli investimenti messi a bilancio, grado che ha raggiunto in questi ultimi anni percentuali davvero irrisorie.
Gli aspetti positivi, tuttavia, finiscono qui.

In effetti, oltre all’introduzione di una nuova modalità contabile di costruzione del bilancio (Brescia rientra infatti in una sperimentazione nazionale), che toglierà potere al ruolo di indirizzo del Consiglio, accorpando i capitoli di spesa in macrovoci e rendendo pertanto più generica la procedura di approvazione, graveranno sulla Loggia le restrittive e penalizzanti scelte di finanza pubblica che hanno investito gli enti locali (compresi quelli cosiddetti virtuosi).
Al taglio dei trasferimenti da parte dello Stato e delle regioni sul fronte della spesa per i servizi (sociale, istruzione, trasporti), si aggiungeranno alienazioni di patrimonio (mobiliare o immobiliare) del Comune. Una scelta, quest’ultima, solo in parte necessitata e che non si preannuncia nemmeno particolarmente fortunata, stante la crisi economica e finanziaria che tende a deprimere il valore delle partecipazioni comunali.

La preoccupazione espressa al proposito dal PD riguarda il fatto che, a causa della giusta volontà di far quadrare i conti e rispettare il patto di stabilità, stia prendendo piede l’idea che, in via strutturale, occorrano entrate derivanti da alienazioni patrimoniali. Lungo questo piano inclinato, nel giro di un decennio tutto quanto è stato con lungimiranza accumulato nei cinquant’anni che abbiamo alle nostre spalle rischia così di svanire!
Di qui la sollecitazione che, come Partito Democratico, abbiamo posto in ordine alla necessità di una seria revisione della politica di spesa, che accantoni progetti troppo esosi per le nostre possibilità e di dubbia utilità (parcheggio sotto il Castello, abbattimento delle torri di san Polo, nuova sede comunale ai Magazzini generali) e che metta sul mercato ciò che impropriamente è stato ‘comunalizzato’ (il riferimento corre all’azienda OMB, acquisita nel 2009 a 16 milioni di euro per salvare 90 posti di lavoro).
Forse ciò non sarà sufficiente, ma certamente potrà contribuire a rendere meno drastiche soluzioni altrimenti penalizzanti.

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Il prossimo Consiglio si terrà lunedì prossimo, 7 novembre.

Cordiali saluti.

fmanzoni@comune.brescia.it
http://federicomanzoni.blogspot.com

c/o piazza Loggia 3 - 25121 Brescia

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