mercoledì 28 gennaio 2009

LETTERE dalla LOGGIA III

Cari amici,
anche se negli ultimi mesi sono stato assai impegnato nella preparazione dell’esame di Stato, la cura per le questioni attinenti al Consiglio comunale non è venuta meno.
Tanto più perché - passati i proclami elettorali - sono maturati alcuni fatti politico-amministrativi rilevanti.

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Il metodo - prima ancora che il merito - è stato alla base di una forte polemica tra maggioranza e opposizione in relazione alla costituzione di una nuova società comunale, denominata Brixia Sviluppo.
La fretta e l’improvvisazione con cui si è pervenuti a questa determinazione è abbastanza clamorosa; ma andiamo con ordine.
1) Nell’assestamento generale di bilancio di fine novembre si prefigurava lo stanziamento di 10 milioni di euro per l’acquisto dell’ex Oviesse di corso Mameli al fine di scongiurarne il passaggio di proprietà in mano a cinesi e per contribuire al risanamento di quella zona;
2) a distanza di pochi giorni e prima che l’assestamento venisse votato, la Giunta rettificava la delibera spostando i 10 milioni dal capitolo delle acquisizioni a quello dei trasferimenti, a favore di una nuova Società di cui si prefigurava la costituzione. Nel frattempo, diversi assessori (tra cui quello al Commercio Margaroli e quello al Centro storico Labolani) annunciavano che era in procinto di essere costituita una società per il rilancio del centro storico;
3) al primo di dicembre veniva inviata ai membri della Commissione Bilancio la documentazione (statuto e atto costitutivo) di Brixia Sviluppo. L’oggetto sociale previsto era estremamente ampio, riguardava pressoché tutti gli assessorati e non aveva alcuna specifica attinenza con il centro storico. In più, la formula giuridica scelta era abbastanza opinabile;
4) nonostante i dubbi e le legittime richieste di chiarimenti, non solo dell’opposizione ma anche della Lega Nord, l’assessore al Bilancio Di Mezza imponeva la calendarizzazione della delibera per il consiglio del 5 dicembre;
5) al Consiglio comunale del 5 il Sindaco, che della delibera era formalmente il relatore e che però ai lavori di commissione non aveva minimamente preso parte, tornava a parlare di centro storico e di argomenti del tutto tangenti al vero oggetto della delibera; dopodiché usciva dall’aula, ove non sarebbe più rientrato per buona parte della seduta, incurante degli interventi (critici ma costruttivi) che si levavano dai banchi (non solo della minoranza).
6) la maggioranza in ogni caso votava compatta a favore dell’istituzione di Brixia Sviluppo e, fatti salvi alcuni emendamenti più di forma che di sostanza, respingeva i contributi del Partito Democratico.
Nell’arco di una settimana, insomma, senza il benché minimo coinvolgimento delle circoscrizioni e con tappe forzatissime per il consiglio comunale, si deliberava di fatto un esproprio delle prerogative consiliari.
Il Sindaco Paroli - nel frattempo - ha dichiarato di sentirsi deluso da questa opposizione perché - a suo dire - avrebbe un atteggiamento demagogico!

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Un’ulteriore questione di confronto, che pur non facendo più parte della Commissione Statuto e Regolamenti ho approfondito, memore delle discussioni del precedente mandato, ha riguardato la revisione degli indirizzi consiliari per le nomine di competenza del Sindaco negli enti e nelle aziende partecipate.
Tema non certo secondario per un Comune come il nostro, che è azionista in società significative (A2A, BS Mobilità, Centrale del Latte, Autostrade Serenissima, Autostrade Centropadane, Farcom, BS Mercati...).
Posto che, per legge, la stragrande maggioranza delle nomine di rappresenti comunali in senso a enti terzi spetta al Sindaco, il Consiglio è tenuto a dettare i criteri, a fissare i paletti entro i quali la prerogativa di nomina può esplicarsi.
La nuova delibera, pur essendo stata preceduta da un iter abbastanza condiviso, si presta a numerose censure.
Innanzitutto si sono esplicitamente ampliate le possibilità di revoca degli amministratori da parte del Sindaco: mentre prima era necessaria la giusta causa (ad esempio per contrasto tra gli indirizzi comunali e le posizioni assunte dai rappresentanti), oggi sarà sufficiente il semplice venir meno del rapporto fiduciario, a prescindere pertanto dalla correttezza e bontà dell’operato del rappresentante.
Inoltre si è sancita una dicotomia francamente ipocrita. Da un lato si sono aumentati gli spazi di trasparenza e partecipazione, prevedendo un iter di nomina maggiormente alla luce del sole; dall’altro si è previsto che il Sindaco possa - quando lo ritenga più opportuno (e dunque non solo nei casi di necessità e urgenza) - prescindere dal bando pubblico, dal parere del comitato di valutazione e dal deposito delle candidature e autocandidature.
Peraltro questa facoltà, del tutto discrezionale, è stata introdotta nella delibera con un colpo di mano: dopo che in Commissione si era trovato un difficile equilibrio, in Aula un emendamento della maggioranza di centro-destra ha stravolto il tutto. Il che mi ha portato a dire che - dopo aver aspettato dieci anni prima di riformare i precedenti criteri - si sarebbe ragionevolmente potuto aspettare almeno altri dieci giorni, dando modo e tempo di approfondire maggiormente la questione. Ma tant’è!
Infine, si è introdotta una disposizione che sembra propria di un regime ‘castale’. Chi mi conosce sa che non sono certo incline ad abbracciare posizioni di antipolitica, ma non posso condividere che i consiglieri comunali (e addirittura circoscrizionali) in carica possano essere nominati negli enti non solo prescindendo dal parere del comitato di valutazione (preposto a vagliare i titoli che determinano l’idoneità a ricoprire o meno una determinata carica), ma anche senza l’onere di depositare la candidatura. Inoltre con la facoltà di cumulare i due incarichi (di per sé incompatibili) per un periodo non brevissimo (sei mesi).
Queste molteplici ragioni ci hanno coerentemente portato a esprimere voto negativo sulla delibera.

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Un argomento sul quale si è invece registrata una convergenza tra maggioranza e opposizione è stato rappresentato dal rinnovo della convenzione tra il Comune e l’Adasm-Fism (l’associazione delle scuole materne cattoliche di Brescia), in continuità con una linea di politica scolastica in essere da diversi decenni e in base alla quale la Loggia impegna ingenti risorse proprie per garantire l’effettività del principio di parità scolastica nell’ambito delle scuole materne (quelle sulle quali l’ente locale dispone di maggiori competenze).
In concreto, il Comune copre circa l’80% dei costi a carico delle materne, mentre il restante 20 % viene garantito dallo Stato, sulla scorta della legge n. 62 del 2000 sulla parità scolastica, fortemente voluta dall’allora Partito Popolare Italiano.
Proprio la corrispondenza biunivoca tra contributi comunali e contributi statali costituisce uno snodo critico, perché nel caso i secondi siano inferiori alle previsioni, il Comune si impegna a intervenire a ripiano.
Paradossalmente ciò avverrà nei prossimi anni, giacché la Finanziaria 2009 del governo Berlusconi - tra i tanti tagli in campo scolastico - ha anche notevolmente decurtato il fondo destinato a dare attuazione alla legge 62. Il che, se da un lato smentisce l’interpretazione di chi vede i tagli alla scuola come strumento per avvantaggiare la scuola privata a scapito di quella statale (dimenticando peraltro che - a determinate condizioni - entrambe svolgono un servizio pubblico), dall’altro - e soprattutto - contrasta con l’enfasi con cui il centro-destra nazionale si è da tempo accreditato (anche presso le gerarchi ecclesiastiche) come garante del principio di parità scolastica.
Questa contraddizione - suffragata come detto dall’effettività dei tagli (pari a circa il 27 % del dato iniziale) - mi ha spinto a proporre una raccomandazione in sede di Consiglio comunale per stigmatizzare il taglio suddetto che, oltre a contrastare con un principio condiviso, determina una ricaduta negativa sul bilancio comunale (che, anche in questo, deve sopperire ai ritardi e alle deficienze dello Stato centrale).
La maggioranza, tuttavia, presa alla sprovvista in quanto non informata dei tagli da me denunciati, ha ritenuto di dover rimandare l’argomento per approfondirlo. A livello nazionale nel frattempo la questione si è parzialmente risolta: nel senso che dei 133 milioni di euro che si intendevano decurtare, ne sono stati ripristinati 125, destinandoli tuttavia a un capitolo di spesa generico (al quale, tanto per intenderci, potranno attingere anche le scuole statali). Di talché, anche nella migliore delle ipotesi, le risorse a disposizione delle materne paritarie saranno alla fine comunque minori rispetto agli anni scorsi.

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Una questione - non direttamente di competenza comunale, ma certo di grande impatto su Brescia - mi ha visto notevolmente impegnato in questi ultimi mesi. Mi riferisco alla querelle relativa ai nuovi orari ferroviari di Trenitalia, che sono entrati in vigore dal 14 dicembre.
La situazione, che anche in questi ultimi giorni è tornata alla ribalta, è fortemente critica, dal momento che - accanto a certe croniche problematicità (in particolare legate alla scarsa pulizia e puntualità dei treni), che pure sono andate notevolmente peggiorando - si sono aggiunti una rimodulazione dell’offerta di servizi e di tariffe per molti versi svantaggiosa e foriera di problematiche.
Brescia, in particolare, ha perso i collegamenti diretti senza supplemento con Milano; il famoso treno delle 7:28 è sparito (peraltro senza che vi sia più un interregionale che arrivi almeno fino a Pavia); alle cinque fermate dei treni interregionali tra Brescia e Milano è stata in molti casi aggiunta quella di Pioltello; i tempi di percorrenza si sono dilatati; di treni intercity non c’è più nulla...
Non solo, ma il ripristino del collegamento diretto per Parma (da quattro anni la linea è interrotta a Torrile san Polo), che pure era stato promesso per dicembre, non è stato in realtà ottenuto.Tutto ciò però agli addetti ai lavori era noto da tempo, ben prima del 14 dicembre.
Il Comune di Brescia, pure invitato con gli altri comuni capoluogo, le Province, le rappresentanze dei pendolari e dei sindacati dei ferrovieri all’apposito tavolo che la Regione Lombardia ha attivato con Trenitalia, fino a metà novembre non vi ha però mai preso parte.
Di qui la forte critica che ho mosso per questa colpevole inerzia del nostro Comune nel rappresentare, presso le sedi preposte, le esigenze dei viaggiatori bresciani. Ne è nata una interrogazione in Consiglio comunale (cui ha risposto l’assessore ai Trasporti, Orto) e una lettera al direttore del Giornale di Brescia (cui ha replicato il vicesindaco Rolfi, al quale ho puntualmente controreplicato), con cui ho denunciato le contraddizioni politico-amministrative connesse alla vicenda (in allegato i testi completi). Paradossalmente, a partire dal momento di questa denuncia politica, il Comune di Brescia non solo non è più mancato agli incontri in Regione ma ha anche accolto - tramite i due assessori succitati - l’invito dei pendolari a recarsi a bordo di un treno per Milano per verificare direttamente la gravità della situazione. Certo, questo non costituisce minimamente una consolazione, anzi dimostra che - almeno su questo versante - l’Amministrazione si è mossa in ritardo e - per il momento - senza ottenere alcun risultato positivo ed è un'ulteriore conferma della poca importanza che la nuova Giunta assegna ai temi del trasporto pubblico.

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La prossima seduta di Consiglio sarà lunedì 9 gennaio.
L'occasione mi è gradita per inviare i migliori auguri per il nuovo anno.
Federico Manzoni

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