sabato 3 aprile 2010

LETTERE dalla LOGGIA VII

Cari amici,

scusate innanzitutto il ritardo con cui vi scrivo questa nuova mia Lettera, ma l’impegno professionale e politico degli ultimi mesi è stato davvero molto intenso.

Si è trattato in effetti di un periodo di grande fervore nella vita politico-amministrativa cittadina, che ha visto numerosi e importanti temi discussi in Consiglio comunale.

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Le tematiche urbanistiche hanno avuto sicuramente la meglio e, sebbene non faccia parte della apposita commissione, ho avuto modo di seguire da vicino le più rilevanti.

Innanzitutto, la questione della “nuova sede” o “sede unica” degli Uffici comunali presso gli ex Magazzini generali, approdata in Consiglio dapprima nel maggio 2009 (sotto forma di atto di indirizzo) e poi concretizzata in un’apposita delibera, votata – in una corsa contro il tempo – nella seduta di martedì scorso (30 marzo).
Si tratta di una scelta le cui ricadute sulla città saranno di grandissima rilevanza; eppure, l’iter che ne ha condotto all’approvazione è avvenuto a tappe forzate e senza il dovuto approfondimento delle ragioni che deporrebbero a favore di ciò.
In effetti, logica vorrebbe che la decisione di costruire una sede unica per gli uffici comunali fosse presa sulla base del riscontro di una effettiva esigenza in tal senso. Nel caso di Brescia, invece, si è assistito al ragionamento esattamente opposto: la scelta di creare negli ex magazzini generali la nuova sede del Comune è conseguente al venir meno dell’ipotesi di realizzare in loco la sede unica della Provincia ed è un pesante “surrogato” pubblico, senza il quale il progetto dei privati sull’area degli ex Magazzini generali non sarebbe decollato.

La dialettica su questa decisione è stata molto accesa (al proposito abbiamo anche chiesto e ottenuto di discutere l’argomento in diretta televisiva) e ha visto un voto fortemente contrario – per questioni tanto di merito quanto di metodo – da parte di tutta l’opposizione.

Nel merito, numerosi sono gli aspetti che conducono al giudizio negativo su questa scelta:

1) innanzitutto, la superfluità/inutilità di realizzare una nuova sede per gli uffici comunali: oggi (con la sola eccezione del Settore Bilancio) tutti gli immobili in cui si trovano gli assessorati sono di proprietà comunale e i due principali per numero di addetti e di pubblico (via Marconi e piazza Repubblica) sono nel cuore della città e saranno, entro due anni e mezzo, facilmente raggiungibili dalla metropolitana leggera;
2) realizzare una nuova sede causerà conseguenze problematiche nei luoghi che si vanno a svuotare: il Comune di Brescia già oggi è proprietario di numerosi immobili vuoti (tra i tanti, i palazzi dell’ex Tribunale e della Corte d’Appello, cui si aggiungerebbero appunto quelli di via Marconi e di piazzale Repubblica) e, proprio in centro città, si avverte l’esigenza non di togliere servizi ma, semmai, di incrementarli (peraltro, proprio il centro-destra si era battuto alle ultime elezioni amministrative per frenare il degrado del Centro!);
3) la sede nuova in realtà non sarà sede unica, vanificando il vantaggio di accorpare i diversi uffici. Dei quasi duemila dipendenti comunali, solo settecento sono destinati – nelle intenzioni della Giunta – alla nuova sede: gli altri, o per impossibilità fisica (scuole materne comunali, circoscrizioni, biblioteche) o per scelta politica (vigili urbani, anagrafe del Broletto, segreteria generale), non verranno trasferiti;
4) la zona prescelta per la nuova sede è assai periferica: via Dalmazia, per quanto resa più accessibile al traffico privato negli ultimi anni, è assai lontana dal cuore della città ed è mal servita dai mezzi pubblici. Peraltro l’ipotizzata estensione della metropolitana in quella zona, per quanto sia stata progettata, è al momento senza alcun finanziamento e dunque assai di là da venire;
5) il bluff della gratuità della nuova sede. Non è affatto vero, come si ostina a ripetere il sindaco, che la costruzione della nuova sede sarà a costo zero per il Comune. A parte il fatto che, nella trattativa col privato proprietario dell’area, si è convenuto – in cambio dell’edificazione della sede comunale – l’azzeramento degli oneri di urbanizzazione (pari a quasi 8 milioni di euro), la mancata cessione di un immobile che doveva essere destinato a uso pubblico (le ex Casere) e la trasformazione di 10 mila mq di edilizia convenzionata in edilizia libera. Ma si è anche concesso al privato di realizzare ulteriori 27 mila mq di residenziale e 4 mila di commerciale, in loco, e altri 4 mila di residenziale in via Metastasio. E’ una concezione a dir poco obsoleta quella che non considera il carico urbanistico come un costo! Le ricadute sociali, ambientali, di congestione stradale non hanno forse un costo che l’Amministrazione locale deve sostenere ? Il consumo di territorio, bene finito sempre più scarso, non ha forse un costo ?

C’è infine una motivazione di ordine sistematico.
Una scelta quale quella della nuova sede comunale e la creazione di una nuova centralità urbana tra le vie Dalmazia e Orzinuovi ha una rilevanza che richiede una valutazione del contesto urbanistico complessivo, prendendo in considerazione le ricadute con uno sguardo di insieme, e non invece di limitarsi a una decisione estemporanea.
Proprio nelle ultime settimane l’Amministrazione ha avviato dei focus aperti al pubblico al fine di favorire la partecipazione della cittadinanza alla stesura del futuro Piano di Governo del Territorio.
Ma la scelta della nuova sede, così come altre numerose in questi quasi due anni di Giunta Paroli, è avvenuta in variante all’attuale PRG e dunque prescindendo da una valutazione d’insieme.

Purtroppo queste motivazioni non hanno fatto breccia nella maggioranza che, in tutta risposta, facendo leva su passati errori urbanistici della Giunta Corsini, ha dichiarato di non accettare lezioni dall’opposizione [sic!].

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A lungo attesa (la stesura risale al giugno scorso), la mozione presentata dal gruppo PD sulla questione dello Stadio di calcio è stata discussa in Consiglio comunale lo scorso mese di febbraio.

Proprio pochi giorni prima della discussione in Consiglio i giornali avevano annunciato in dettaglio il progetto della Cittadella dello Sport che la nuova Giunta vuole realizzare nelle aree attualmente adibite a Cave, tra san Polo e Buffalora. La cittadella era nel programma amministrativo del sindaco Paroli, ma non era certo che in essa potesse trovare spazio anche lo stadio.
Per il momento, comunque, il tema della cittadella è fermo, in attesa della definizione del nuovo PGT, che dovrebbe tra l’altro cambiare la destinazione dell’area delle cave da parco ad area anche edificabile (non solo per gli impianti sportivi, ma anche per una pesante compensazione in termini abitativi).

Il dibattito in Consiglio ha visto la bocciatura della mozione PD, dal momento che la maggioranza ha cassato senza appello la possibilità di ristrutturazione pesante del Rigamonti, e, di contro, l’approvazione di una mozione alternativa, che prevede invece la scelta della cittadella dello sport come area ove realizzare anche il nuovo stadio.

Buona parte della discussione si è appuntata sul tema dell’accessibilità trasportistica allo stadio e sulla valenza, a questo riguardo, della metropolitana.
Il centro-sinistra ritiene che la previsione di una fermata in piazzale Kossuth (a duecento metri dalla curva sud) e a Casazza (a cinquecento metri dalla curva nord) siano uno degli elementi di forza per far propendere a favore dell’opzione Rigamonti.
Il centro-destra, di contro, nel testo della sua mozione alternativa rileva – assai contraddittoriamente – che:
1) non è necessario avere vicino la metropolitana (è stato ricordato che anche per andare a san Siro a Milano si percorre un buon tratto di strada a piedi);
2) comunque la metropolitana non sarebbe sufficiente al trasporto tifosi perché in grado di trasportare solo 700 persone/ora (sic!);
3) comunque anche la cittadella dello sport sarebbe servita dalla stazione metrò di sant’Eufemia-Buffalora (che disterebbe non più di novecento metri).

Nel corso del dibattito, ho avuto modo di far rilevare che il dato dei 700 passeggeri/ora è clamorosamente sbagliato: in realtà la metropolitana, a partire dal 1° gennaio 2013, sarà in grado di trasportare 8500 passeggeri/ora per senso di marcia (dunque 17 mila in tutto).

La preoccupazione maggiore che deriva dalla bocciatura della mozione riguarda tuttavia il destino dell’area dell’attuale stadio a Mompiano: gli appetiti edilizi su quel territorio sono noti e la mozione del centro-destra è assai sibillina al riguardo.
Il destino dell’area verrà evidentemente discusso nel futuro PGT, che dovrà essere approvato entro il marzo 2011: è bene tuttavia avere contezza sin da ora degli scenari che si potranno aprire con il trasferimento dello stadio.
Fermo restando che esso, così come si presenta oggi, è largamente inidoneo (salvo il terreno di gioco) per gli scopi cui è destinato: tanto è vero che la nostra mozione proponeva una radicale ristrutturazione. Di certo meno costosa dell’intervento nell’area ex cave. Ma tant’è!

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Tema di ben minore impatto sul futuro della città, ma che certo ha avuto notevole riscontro mediatico, è quello delle spese di rappresentanza della Giunta comunale sostenute con la carta di credito.

La questione, sollevata dal Partito Democratico con apposite interrogazioni in Consiglio e poi con un esposto alla Procura regionale della Corte dei Conti, origina in realtà da un rilievo del Collegio dei revisori dei conti del Comune ancora a luglio dell’anno scorso, con cui si raccomandava il rispetto delle procedure contabili nell’utilizzo delle carte di credito e con cui si riservava (come poi è stato fatto) un controllo successivo.

Il problema principale è rappresentato dal fatto che la stragrande maggioranza delle spese di rappresentanza - sostenute da sindaco e assessori e consistite in pasti al ristorante - non è stata giustificata; vale a dire che non si è specificato il motivo che portava a ritenerla di rappresentanza né chi fossero i commensali.
Poiché l’appunto non riguarda sporadici casi, ma un complesso di spese per più di 36 mila euro (di cui ben sedicimila per soli due assessori), è evidente che l’attenzione dell’opposizione sul tema è tutto tranne che cavillosa.
Nel lavoro di ricerca sul tema, che personalmente ho svolto insieme al collega Fabio Capra, si è potuta poi rilevare una decina di date (sabati sera, domeniche sera, santo Stefano) che hanno fatto sorgere un legittimo sospetto.
Così come è indice di una qualche riflessione il fatto che, a partire dalla prima interrogazione del PD sul tema (21 dicembre), le spese in ristoranti – fino ad allora assestatesi ad una media di duemila euro al mese – siano calate a un terzo nel mese di gennaio e a zero in quello di febbraio.
Fino a marzo, quando il Sindaco, sull’onda delle polemiche sollevate dal PD (e rintuzzate per la verità dalla coordinatrice provinciale del PdL, l’on. Beccalossi, e dal capogruppo leghista in Loggia, Gallizioli), ha deciso di sospendere l’utilizzo delle carte in attesa di ridefinirne le modalità.

Da parte nostra, in assenza di motivazioni (pur richieste con apposita interrogazione) circa le spese sostenute, abbiamo trasmesso gli atti in questione alla Procura regionale della Corte dei conti perché valuti la correttezza sotto il profilo amministrativo-contabile delle spese stesse.

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Tra le interrogazioni (strumento di domanda e risposta alla Giunta) presentate negli ultimi mesi merita di esserne sottolineata una, di cui avevo anticipato il contenuto nella scorsa Lettera.

L’interrogazione in questione ha riguardato l’avvenuta cessione delle reti elettriche ad alta tensione di A2A. Questo fatto, della cui intenzione si era a conoscenza da mesi (al punto che avevamo predisposto un’apposita mozione, mai discussa, per impegnare il Sindaco a scongiurarlo), si è concretizzato poco prima di Natale.
Con questa operazione il gruppo A2A si è privato di un asset, quale quello delle linee elettriche ad alta tensione, di grande importanza per il territorio bresciano: da esso infatti dipende un notevole indotto e attraverso esso è possibile soddisfare le esigenze di importanti aziende della nostra Provincia.
Terna, la società cui è stata ceduta la rete e che è proprietaria della stragrande maggioranza della rete nazionale, ha sicuramente concluso una operazione vantaggiosa sia in termini economici sia per ciò che essa significa in termini di razionalizzazione del proprio patrimonio.
Ma dal punto di vista di A2A, invece, tale operazione evidenzia una scarsa lungimiranza: a un prezzo non particolarmente elevato si è ceduto un asset che garantiva occupazione specialistica a trenta persone e un rendimento del 7% annuo, oltre che un particolare radicamento sul territorio bresciano.
Peraltro questa scelta appare assai incoerente, sia con la politica che Asm aveva intrapreso in passato (solo pochi anni fa era stata acquisita la rete ex Enel di Garda e Valsabbia) sia con il recente investimento di A2A nel mercato elettrico del Montenegro.

Il sindaco, interpellato per conoscere se – come azionista di A2A – avesse, attraverso i rappresentanti del comune, condiviso o avallato tale scelta, ha evasivamente risposto, riproponendo il testo del comunicato con cui A2A annunciava la cessione e scaricando le responsabilità di questa vicenda non sul management che l’ha deliberata, ma sul centro-sinistra bresciano che ha determinato la fusione Aem-Asm:
operazione quest’ultima certamente problematica e delle cui criticità in più occasioni si è cercato di dare conto, ma che certo non aveva stabilito alcunché circa il destino delle reti elettriche ad alta tensione!

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Il prossimo Consiglio comunale sarà venerdì 16 aprile.

L’occasione mi è gradita per porgere a ciascuno di voi e alle vostre famiglie un cordiale augurio di buona Pasqua.

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